21 Lug “L’INGOMBRO” DELL’ASINO
La parata del maschio
“Il genere maschile è ingombrato dal fallo”, affermava J. Lacan.
Nella nostra cultura è la sopravalutazione del fallo da parte del maschio. Una vera e propria coazione a esibire la propria virilità. Una costante competizione a <chi ce l’ha più lungo>.
E ci viene in mente l’asino, che di queste cose se ne intende.
E’ il maschio ossessionato dal bisogno di mostrare i muscoli come manifestazione della propria potenza, offrire costantemente l’immagine di un corpo virile.
Nella Mitologia Greca, l’asino lo troviamo in compagnia di tre personaggi particolari.
Il primo è Sileno. Un vecchio grassone flaccido e sempre ubriaco che aveva l’abitudine di arrivare a cavallo di un’asina in mezzo a una numerosa schiera di satiri. Si associavano a Sileno anche esseri teriomorfi alcuni con zampe e coda di capra altri con le orecchie e la coda di cavallo e il caratteristico zoccolo degli equini.
Del corteo che lo seguiva facevano parte le donne, dette baccanti, che venivano rappresentate invasate e in preda alla frenesia, con gli occhi stravolti, la voce rauca e minacciosa, coi capelli sciolti e sparsi sulle spalle che nella foga del furore e dell’entusiasmo si abbandonavano, cantando e danzando, a orge spaventose.
Il secondo è Dioniso. Il Dio più temibile dell’Olimpo. Il dio della follia.
Era anche il dio della cultura del vino, della vigna e dell’uva, della fermentazione del mosto nei tini, del sapere della vinificazione. A cavallo della sua asina girava per l’Europa diffondendo la cultura della coltivazione della vite e del vino.
E fu l’asino a insegnare all’uomo la potatura della vite. Si racconta che un giorno un asino scappato dalla stalla arrivò presso una pergola e cominciò a mangiare i tralci. Quando il contadino vide quale disastro l’asino aveva combinato, lo percosse di santa ragione. Qualche tempo dopo, però, quella pergola diede grappoli d’uva più belli e rigogliosi di tutte le altre viti. Così è iniziata l’abitudine di potare le viti.
Il terzo è Priapo. Simbolo della fecondità. Rappresentato come un piccolo uomo barbuto dotato di un fallo enorme. Infatti Era volle punirlo, perché nato da una relazione illegittima di Zeus con Afrodite, fornendogli degli organi genitali spropositati.
Il suo animale era l’asino per una sorta di analogia fra il pene di Priapo e dell’asino. (E’ noto che il fallo dell’asino è di notevoli dimensioni).
Nelle case romane era molto diffusa l’usanza tra le matrone, di estrazione patrizia, di raffigurare, sulla porta d’ingresso della casa, Priapo con il suo enorme fallo a propiziare la loro fecondità e capacità di generare. Il fallo veniva usato dalle donne romane anche come monile da portare al collo o al braccio.
Carlo Emilio Gadda, ha scritto Eros e Priapo, è un trattato psicologico sulla nascita del fascismo. Una analisi psicoanalitica del fascismo. Priapo, che per Gadda simboleggia la dimensione maschilista, fallocentrico, esibizionista, è il simbolo del fascismo. Rappresenta il carattere nevrotico e dimostrativo del fascismo. Della fallocrazia fascista Gadda fa un’analisi approfondita. Mussolini rappresentato in posa statuaria, braccia ai fianchi, mascelluto e impettito.
Il Duce e i fascisti hanno sedotto l’Italia in quanto femmina, e la folla in quanto femmina puttana. Le masse, secondo un’idea dannunziana, si conquistano con l’erotismo.
Attenzione però a non confondere il priapismo con l’ipersessualità.
Il gigantesco fallo di Priapo serve a ben poco: il dio, un personaggio ridicolo, colleziona insuccessi, è infatti impotente.
Si chiama priapismo la malattia nella quale il pene resta sempre dolorosamente eretto senza che si provi piacere.
E’ l’erezione persistente, fastidiosa, a volte dolorosa, che dura ore, slegata dall’eccitazione sessuale e che a volte è persino dolorosa.
Priapismo <è una malattia>. Può far ridere, ma non è una passeggiata.
Esiste anche quello che possiamo chiamare <priapismo dell’IO>.
Un individuo con un IO sempre gonfio, pieno di sé. Un IO ipertrofico, in erezione come un fallo. Manifestazione di una personalità che deve esibire la propria potenza. Che si considera il centro di tutto ciò che esiste. E’ un individuo centrato su se stesso, con una incrollabile autostima, un grande senso di superiorità, con il culto della propria persona, indipendente, autonomo, autoreferenziale.
Un IO dedito esclusivamente al potenziamento della propria immagine e che trova la sua somatizzazione nella famosa espressione: <pancia in dentro e petto in fuori>.
E’ l’uomo che si affigge sul peto il medagliere a testimonianza del suo valore. O il palestrato che mostra i muscoli per esibire la sua forza. Il riccone che scorrazza con la sua macchinona (con la quale si identifica). E’ il maschio che fa la parata (<parata nuziale> è un termine che in etologia indica il comportamento del maschio che si esibisce per conquistare la femmina. Particolarmente caratteristiche ed elaborate sono le parate nuziali di alcuni uccelli. Vengono definite marcature visive – Colori vivaci assunti dalla pelle o dal piumaggio, come il pavone che fa la ruota o l’uccello giardiniere che costruisce un impegnativo giardino per conquistare la femmina. Possiamo parlare poi di marcature olfattive, marcature sonore – Come gli ululati del lupo e il gracidare della rana o il cervo che si afferma con la potenza del suo bramito. Tutti comportamenti che ritroviamo nel repertorio esibizionista umano: non manca infatti anche chi fa la voce grossa per affermarsi )
La parata del maschio è un comportamento naturale nel mondo degli animali. Gli individui più forti, dominanti hanno il compito di assicurare alla specie gli individui più robusti. Quando questo comportamento lo ritroviamo nell’uomo dobbiamo pensare che si tratta di un essere rimasto ancorato ad un comportamento pulsionale automatico non evoluto. Mostrare i muscoli, le medaglie, i soldi per affermare la potenza del proprio essere.
Non può rilassarsi mai condannato a una costante erezione dimostrativa di tutto il corpo. Finendo per trattenere il respiro e anche le emozioni con il rischio di scoppiare. Come nella fiaba la rana e il bue dove la rana per non essere da meno del bue si gonfia sino a scoppiare. (La sapienza antica orientale ci insegna ad avere un corpo rilassato, un buon respiro e una pancia morbida e libera di muoversi).
Abbiamo finito per descrivere una personalità narcisistica. “Narcisismo” (Enciclopedia Treccani) <<La tendenza e l’atteggiamento psicologico di chi fa di se stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, …>>
Ne sanno qualcosa quelle donne che hanno avuto la sventura di innamorarsi di un Narciso per poi scoprire a proprie spese che hanno vissuto una relazione nella quale non erano considerate. Il soggetto narcisistico non è interessato alla vita dell’altro, troppo preso ad ammirare se stesso. Infatti nel mito Ovidiano accade che Narciso specchiandosi su una superficie d’acqua si innamora della sua immagine e per congiungersi ad essa finisce per annegare.
Il pericolo maggiore è credersi un IO. L’ego è la falsa personalità (persona si chiamava la maschera usata nel teatro greco). L’Ego rimane una finzione, soltanto una maschera, l’illusione di essere un’entità separata dal resto del mondo.
Priapo è la rappresentazione di un IO ipertrofico, simbolo di un uomo asino <<ingombrato>> da un fallo smisurato.